Un futurista dal cuore d'oro

" Harry, siamo a Panama, nessuna buona azione resta impunita ! "
Il sarto di Panama


L'oste si avvicinò alla porta vetrata e girò il cartello in modo che fuori si potesse leggere: " Chiuso ", passò un'ultima volta lo straccio sul bancone, per poi dileguarsi nello scantinato,chiudendo la botola. Nella Città si ripetevano scene di vita quotidiana: i plotoni delle guardie marciavano a passo cadenzato per le vie, si depredavano i cadaveri dei meno fortunati, ogni tanto qualche urlo soffocato echeggiava per le contrade, i mendicanti cercavano di esercitare la loro professione evitando le vessazioni dei soldati e il boia non era mai a corto di clienti.
Un giorno qualunque, in una città qualsiasi del regno di Sarum, si c'era quel problemino della rivolta popolare per il prezzo del pane che aveva raggiunto cifre astronomiche, ma niente che poteva essere risolto con un po' di diplomazia e qualche fossa comune. O magari spuntava fuori un califfo con grandi sogni di gloria che avrebbe utilizzato gli insorti per i suoi loschi scopi, chi poteva saperlo ? La vita politica in quel paese era talmente complicata che il tizio con cui avevi strinto un patto in mattinata poteva avvelenarti la sera offrendoti un caffé al curaro.
Già, una faccenda davvero complicata - pensava il cyborg mentre finiva in fretta e furia il suo pasto, un occhio (quello sano) sulla bistecca e l'altro (quello meccanico) sulla caserma degli artigli di fronte. Aveva passato 3 anni in quel lurido regno per entrare lì dentro, 3 anni raccogliendo informazioni, 3 anni tentando di reclutare altri membri per la sua banda, 3 anni vivendo come una bestia in mezzo ad una guerra civile di cui non si intravedeva ancora la fine. Lui era un futurista, in una situazione così doveva sentirsi a suo agio come un'anatra nello stagno, ma le continue battaglie ne avevano logorato lo spirito e il corpo, inoltre del gruppo originale di 15 persone, lui era l'unico sopravvissuto.
Aveva pulito il piatto, svuotato la bottiglia e si stuzzicava delicatamente i denti con il coltello, dondolandosi sulla sedia. Una faccenda dannatamente complicata ... quando arrivano ? - non aveva certo perso la speranza, pur di entrare là dentro e prendere le antiche tecnologie che si trovavano stipate nei magazzini sotterranei ( da quello che aveva sentito c'erano balestre in grado di sparare centinaia di colpi in successioni e scatole che permettevano di vedere luoghi distanti nello spazio e nel tempo) avrebbe stipulato un patto con il diavolo in persona. Non era il suo caso, ma poco ci mancava.
Perse l'equilibrio, cadendo di schiena e sfasciando completamente la sedia. Quando riaprì gli occhi, si trovò sdraiato sul pavimento ed una donna lo guardava con un'espressione divertita sul volto - Edrak, tutto bene ? - Il cyborg scosse la testa rialzandosi, per poi guardarsi intorno, uno strano gruppetto si era radunato nella taverna, c'erano umani, mutanti, forse perfino qualche droide. Ecco il suo " patto con il diavolo ", pur di svaligiare la caserma si era messo d'accordo con un gruppo del popolo del nuovo sole, che cosa avrebbero pensato gli altri gruppi di futuristi ?
Edrak, sei pronto ? - chiese la donna, il cyborg osservò attentamente la squadra e rispose sibilando - Si, si, voi vi ricordate il piano no ? ... ma soprattutto vi ricordate i patti ? - Un mutante che sembrava una sorta di grosso cane antropomorfa abbaiò con voce roca - tu fai buco su muro, noi entriamo, tu prendi roba strana, noi uccide artigli - Edrak ridacchiò senza fare nulla per nascondere il suo disprezzo verso quella bestia - beh, il vostro animaletto qui non sembra apprezzare molto la grammatica, ma ha fatto riassunto sufficientemente chiaro - l'uomo-cane, sguainò la spada e con un balzo felino, puntò la lama contro il mento di Edrak - in mia tribù noi uccide per molto meno, mezza macchina - ringhiò il mutante.
Edrak arretrò lentamente con le mani in alto, ridacchiando beffardo, mentre i compagni del mutante lo riportavano alla ragione. Il cyborg si rivolse alla donna - I vostri amici in città non dovevano aver già iniziato a ... - non finì la frase, dalla città si alzarono, come un unico grande coro, urla di guerra e segnali d'attacco, la sommossa era appena iniziata - ... ottima risposta.
I " raggi " si barricarono nell'osteria, mentre Edrak preparava la sua arma segreta. Intanto, come api da un alveare, gli artigli sciamavano dalla caserma, precipitandosi in piccoli gruppi in direzioni differenti per sedare la rivolta. Il cyborg, tirò fuori dal suo zaino un oggetto sferico avvolto nella carta da cui spuntava, come il picciolo di una mela, uno strano cordino, gli diede fuoco approfittando di una lanterna, per poi scagliare la palla contro il muro che circondava la caserma.
Lo strano oggetto cadde precisamente sotto il vallo, ignorato dai soldati che lo scambiarono per la palla che qualche bambino aveva dimenticato, emetteva uno sfrigolio sinistro, come quello della carne che arrostisce sulle braci. Poi, quando tutto il cordino fu consumato dal fuoco e la fiamma sparì dentro la sfera con una fumata bianca ci fu un'enorme esplosione che sollevò in aria, pezzi di selciato, mattoni e qualche guardia sfortunata. Ci volle un minuto buono prima che la nuvola di fumo e polvere si dissolvesse nel nulla, rivelando un grosso squarcio nelle pareti difensive.
Il gruppo penetrò dentro l'edificio, i raggi in prima linea mentre Edrik dietro. Subito ci fu uno scontro tremendo tra le due opposte fazioni, ma il cyborg ne approfittò per entrare di soppiatto nei magazzini. Consultando una mappa che si era fatto disegnare da un artiglio, da lui personalmente corrotto con una fornitura a vita di distillato di soia, si orientò all'interno della caserma, esultante come uno scolaretto. Non poteva crederci, il più grande colpo della sua vita, e non avrebbe spartito il bottino con nessuno !
Il magazzino era diviso in più stanze, tutte protette da delle grosse porte in acciaio, ma non si fece intimidire da quello sfoggio di borchie e cardini rinforzati: " grande portone, serratura da c****e " pensava e non perse tempo a scassinare la prima a sinistra trattenendo a stento l'esultanza. Infilò degli strani attrezzi a forma di uncino e spatola nella toppa e dopo qualche gesto ben studiato il chiavistello lo premiò con un secco click metallico. Ma invece di trovare meraviglie tecnologiche scoprì soltanto un mucchio di morti di fame d'ogni razza, adirato provò con la porta accanto, ottenendo il medesimo risultato. In poco tempo aveva aperto ogni stanza trovando solo un'orda di cenciosi ossuti. Controllò la cartina, forse si era sbagliato, si guardò intorno facendosi largo a spallate in mezzo a quei plebei rinsecchiti, ma niente da fare, quello era il magazzino, la scritta in alto sul muro era inequivocabile. Edrik era sull'orlo di una crisi di nervi, stava per prendere a pugni il primo straccione che gli capitava a tiro, quando la folla esultante per la liberazione, lo sollevò in aria per portarlo fuori dai magazzini in trionfo. Lasciatemi ! Fermi ! Stop ! - Ordinò il cyborg, ma i prigionieri urlavano troppo forte per poter sentire le parole i Edrik, sotto di lui passarono i raggi con cui aveva organizzato il colpo ed insieme acclamarono l'involontario eroe ( con un certo tono sarcastico) - W Edrik il cyborg ! W il liberatore ! - La mezza macchina imprecò contro i figli del nuovo sole - Bastardi, traditori, voltagabbana ! Dove sono gli artefatti ! - La donna ridendo sguaiatamente rispose - Woops ! Mi sono dimenticata di dirti che gli artigli hanno spostato tutto nella caserma della capitale e che ora usano questo magazzino come prigione politica - scoppiò in una grassa risata e si uni insieme al suo gruppo al coro festoso della folla.
- W Edrik il cyborg ! W il liberatore ! W il nostro eroe ! - le urla riecheggiavano per la città mentre la folla portava in trionfo il futurista dal cuore d'oro.
Malachi